I congedi di maternità e parentale dopo il Jobs Act

I decreti attuativi del “Jobs Act” e le Leggi di Stabilità che si sono succeduti negli ultimi due anni hanno modificato la disciplina prevista dal nostro ordinamento in materia di tutela della genitorialità e nel contempo reso strutturali molte delle misure introdotte inizialmente in via sperimentale. Gli interventi del legislatore hanno riguardato sia il congedo obbligatorio, nelle sue diverse articolazioni, che il congedo parentale, del quale è stato ampliato l’arco temporale di fruizione e resa più flessibile l’articolazione.

Il congedo per maternità obbligatoria

Il congedo obbligatorio per maternità spetta:

  1. alle lavoratrici dipendenti, siano esse apprendiste, operaie, impiegate o dirigenti, aventi un rapporto di lavoro in corso alla data di inizio del congedo;
  2. alle donne disoccupate o sospese se ricorre una delle seguenti condizioni:
  • il congedo di maternità sia iniziato entro 60 giorni dall’ultimo giorno di lavoro;
  • il congedo di maternità sia iniziato oltre i predetti 60 giorni, ma sussiste il diritto all’indennità di disoccupazione, alla mobilità oppure alla cassa integrazione. Per le disoccupate che negli ultimi due anni hanno svolto lavori esclusi dal contributo per la disoccupazione, il diritto all’indennità di maternità sussiste a condizione che il congedo di maternità sia iniziato entro 180 giorni dall’ultimo giorno di lavoro e che siano stati versati all’Inps 26 contributi settimanali negli ultimi due anni precedenti l’inizio del congedo stesso;
  • alle lavoratrici agricole a tempo indeterminato ed alle lavoratrici agricole a tempo determinato che nell’anno di inizio del congedo siano in possesso della qualità di bracciante comprovata dall’iscrizione negli elenchi nominativi annuali per almeno 51 giornate di lavoro agricolo;
  • alle lavoratrici addette ai servizi domestici e familiari (colf e badanti) che hanno almeno 26 contributi settimanali nell’anno precedente l’inizio del congedo di maternità oppure 52 contributi settimanali nei due anni precedenti l’inizio del congedo stesso;
  • alle lavoratrici a domicilio;
  • alle lavoratrici LSU o APU;
  • alle lavoratrici assicurate ex IPSEMA.

Il congedo per maternità obbligatoria ha una durata di 5 mesi, durante i quali la donna percepisce l’80% della sua retribuzione, ed inizia due mesi prima della data prevista del parto per poi terminare al compimento del terzo mese del bambino. La quasi totalità dei contratti collettivi prevede la corresponsione della differenza da parte del datore di lavoro, cosicché la lavoratrice arriva a percepire il 100% della retribuzione media giornaliera. Per avere diritto alla maternità obbligatoria, entro il settimo mese di gravidanza, la donna deve presentare una apposita istanza al datore di lavoro e all’INPS che deve essere corredata da una certificazione medica che specifichi la data presunta del parto e il mese di gestazione. La nascita deve poi essere comunicata con autocertificazione entro 30 giorni, sia all’Istituto di Previdenza che al datore di lavoro.

Secondo quanto previsto dal Jobs Act, il congedo di maternità intervenuto nell’esecuzione di un contratto a termine presso la stessa azienda, concorre a determinare il periodo di attività lavorativa utile a conseguire il diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato e determinato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi dodici mesi con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei rapporti a termine. Qualora si verifichi una nascita anticipata rispetto al termine previsto, la lavoratrice ha diritto ad astenersi dal suo servizio, oltre ai 3 mesi post partum anche ai giorni di cui non ha fruito in precedenza. La modifica apportata dal Jobs Act alla disciplina che regola i casi di parto prematuro determina una sostanziale modifica del periodo di congedo obbligatorio, unicamente nei casi in cui la nascita si verifichi prima dei due mesi di congedo pre-parto (parto fortemente prematuro).

In pratica, qualora il parto si verifichi prima dei due mesi antecedenti la data presunta, il congedo va calcolato aggiungendo ai tre mesi post partum tutti i giorni compresi tra la data dell’evento e quella presunta. La disciplina innovata si applica alle lavoratrici dipendenti e parasubordinate, con esclusivo riferimento agli eventi coincidenti o successivi alla data del 25 giugno 2015. La lavoratrice che intenda ottenere il ricalcolo dell’indennità, deve presentare apposita istanza telematica, utilizzando il modello SR01 alla sede INPS competente, richiamando il numero di protocollo della domanda di maternità online presentata in precedenza: alla domanda di maternità, va sempre allegato il certificato medico che attesta la data presunta del parto.

Sempre con riferimento ai parti e agli ingressi in famiglia avvenuti a partire dal 25 giugno 2015, in caso di ricovero del neonato durante il periodo di fruizione del congedo obbligatorio di maternità, la madre lavoratrice dipendente o iscritta alla gestione separata, ha il diritto di chiedere la sospensione del congedo di maternità per il periodo corrispondente e di recuperarlo, in tutto o in parte, a partire dalla data di dimissione o anche da data antecedente. Si tratta di una misura strutturale che si applica anche ai casi di adozione e affidamento.

Questo tipo di sospensione può essere richiesta una sola volta per ciascun figlio e soltanto a condizione che una attestazione medica certifichi che le condizioni di salute della lavoratrice siano compatibili con la ripresa dell’attività lavorativa. Ciò in ossequio alla disciplina generale che vieta di adibire le donne al lavoro durante i 5 mesi tutelati dal congedo obbligatorio.

La lavoratrice dipendente che voglia fruire della sospensione è tenuta a comunicare alla sede INPS competente per territorio la data di sospensione del congedo di maternità e la successiva data di ripresa dello stesso, utilizzando l’apposito modello predisposto dall’Istituto e allegando una dichiarazione di responsabilità della richiedente riguardo l’effettiva consegna al datore di lavoro. Ovviamente durante il periodo di sospensione del congedo di maternità, non è possibile fruire, per il medesimo neonato, del congedo parentale che decorre, in ogni caso, a partire dal termine del congedo di maternità.

Nel caso di una gravidanza a rischio, quando insorgono complicanze nella gestazione oppure se le condizioni di lavoro possono compromettere la salute della madre o del nascituro e non sia possibile far svolgere alla donna mansioni diverse, è possibile anticipare l’inizio del congedo obbligatorio. Per ottenere l’anticipazione della decorrenza del periodo di congedo per gravidanza a rischio o complicanze è necessario presentare apposita istanza alla Direzione Provinciale del Lavoro, corredata dalla certificazione medica rilasciata dall’ASL o da una struttura sanitaria. Se entro una settimana non vi è nessun pronunciamento, la domanda si ritiene accolta. Nel caso in cui la gestante svolga lavori pericolosi per la sua salute o quella del bambino e il datore di lavoro non possa adibirla ad altre mansioni, sarò quest’ultimo a dover richiedere l’astensione anticipata per maternità alla Direzione Provinciale del Lavoro che valuterà il caso e potrà anche fare accertamenti.

Il periodo di durata del congedo obbligatorio può dunque essere articolato come segue:

  1. ante partum:
  • i 2 mesi precedenti la data presunta del parto (salvo flessibilità) e il giorno del parto;
  • i periodi di interdizione anticipata disposti dall’azienda sanitaria locale (per gravidanza a rischio) oppure dalla direzione territoriale del lavoro (per mansioni incompatibili);
  1. post partum:
  • i 3 mesi successivi al parto (salvo flessibilità) e, in caso di parto avvenuto dopo la data presunta, i giorni compresi tra la data presunta e la data effettiva. In caso di parto anticipato rispetto alla data presunta (parto prematuro o precoce), ai tre mesi dopo il parto si aggiungono i giorni compresi tra la data effettiva e la data presunta;
  • i periodi di interdizione prorogata disposti dalla direzione territoriale del lavoro (per mansioni incompatibili con il puerperio).

Il congedo per maternità obbligatoria

I giorni di paternità obbligatoria per tutto l’anno 2016 sono due: uno deve coincidere con il giorno della nascita del bambino o della sua adozione, l’altro deve essere fruito entro i primi 5 mesi dalla nascita o adozione del piccolo. La misura è prevista in via sperimentale fino al 31 dicembre 2016. Oltre ai due giorni di astensione obbligatoria, sono state confermate le due giornate di astensione facoltativa da utilizzare entro il termine della maternità obbligatoria, in alternativa ai giorni concessi alla madre, che quindi dovrà rientrare al lavoro due giorni prima. Al lavoratore spetta l’intera retribuzione per entrambe le giornate.

Il congedo parentale (maternità facoltativa)

Il congedo parentale spetta:

  • alle lavoratrici/lavoratori dipendenti a condizione che il rapporto di lavoro sia in essere;
  • Lavoratrici/lavoratori agricoli con contratto di lavoro a tempo determinato (O.T.D.) alle seguenti condizioni:
  • se il periodo di congedo parentale è richiesto nel 1° anno di vita del bambino sono necessarie 51 giornate di lavoro in agricoltura nell’anno precedente l’evento che sarà indennizzabile anche per le astensioni che si protraggono nell’anno successivo;
  • se il periodo di congedo parentale è richiesto negli anni di vita del bambino successivi al primo e sino al 6° (ai fini dell’indennizzabilità) e sino al 12° (ai fini della fruibilità) è necessario che sussista lo status di lavoratore (iscrizione negli elenchi agricoli e 51 giornate di lavoro in agricoltura nell’anno precedente la richiesta del congedo oppure nello stesso anno purché le giornate di lavoro siano effettuate prima dell’inizio del congedo).

Il congedo parentale non spetta ai genitori disoccupati o sospesi, ai genitori lavoratori domestici, ai genitori lavoratori a domicilio. Nel caso in cui il rapporto di lavoro in atto cessi all’inizio o durante il periodo di fruizione del congedo, il diritto al congedo stesso viene meno dal momento in cui è cessato il rapporto di lavoro.

Il congedo parentale compete, in costanza di rapporto di lavoro, ai genitori naturali entro i primi 12 anni di vita del bambino per un periodo complessivo tra i due genitori non superiore a 10 mesi, aumentabili a 11 qualora il padre lavoratore si astenga dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a 3 mesi. Detto periodo complessivo può essere fruito dai genitori anche contemporaneamente.

Nell’ambito del predetto limite, il diritto di astenersi dal lavoro compete:

  • alla madre lavoratrice dipendente, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 6 mesi;
  • al padre lavoratore dipendente, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 6 mesi, elevabile a 7, dalla nascita del figlio, se lo stesso si astiene dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a 3 mesi;
  • al padre lavoratore dipendente, anche durante il periodo di astensione obbligatoria della madre (a decorrere dal giorno successivo al parto), e anche se la stessa non lavora.
  • al genitore solo (padre o madre), per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 10 mesi;

Ai lavoratori dipendenti, genitori adottivi o affidatari, il congedo parentale spetta, con le stesse modalità dei genitori naturali, e cioè entro i primi dodici anni dall’ingresso del minore nella famiglia, indipendentemente dall’età del bambino all’atto dell’adozione o affidamento, e non oltre il compimento della maggiore età dello stesso.

I genitori naturali, possono usufruire dell’indennità per congedo parentale:

  • entro i primi 6 anni di età del bambino per un periodo massimo complessivo (madre e/o padre) di 6 mesi con un importo pari al 30% della retribuzione media giornaliera calcolata considerando la retribuzione del mese precedente l’inizio del periodo indennizzabile;
  • dai 6 anni e un giorno agli 8 anni di età del bambino, nel caso in cui i genitori non ne abbiano fruito nei primi 6 anni, o per la parte non fruita anche eccedente il periodo massimo complessivo di 6 mesi, il congedo verrà retribuito al 30% solo se il reddito individuale del genitore richiedente risulti inferiore a 2,5 volte l’importo annuo del trattamento minimo di pensione;
  • dagli 8 anni e un giorno ai 12 anni di età del bambino il congedo non è mai indennizzato.

I genitori adottivi o affidatari, possono usufruire dell’indennità per congedo parentale al 30% della retribuzione media giornaliera calcolata considerando la retribuzione del mese precedente l’inizio del periodo indennizzabile:

  • entro i 6 anni dall’ingresso in famiglia del minore, indipendentemente dalle condizioni di reddito del richiedente, per un periodo di congedo complessivo di sei mesi tra i due genitori;
  • dai 6 anni e un giorno agli 8 anni dall’ingresso in famiglia del bambino nel caso in cui i genitori non ne abbiano fruito nei primi 6 anni dall’ingresso in famiglia , o per la parte non fruita anche eccedente il periodo massimo complessivo di 6 mesi, il congedo verrà retribuito al 30% solo se il reddito individuale del genitore richiedente risulti inferiore a 2,5 volte l’importo annuo del trattamento minimo di pensione;
  • dagli 8 anni e un giorno ai 12 anni dall’ingresso in famiglia del bambino il congedo non è mai indennizzato.
I congedi di maternità e parentale dopo il Jobs Act ultima modifica: 2016-09-27T12:11:50+02:00 da BriaConsulting